Non solo dada. Le tante facce di Francis Picabia in mostra alla Kunsthaus di Zurigo

Francis Picabia Udnie (Young American Girl; Dance), 1913 Oil on canvas, 290 x 300 cm Centre Pompidou, Musée national d‘art moderne - Centre de création industrielle, Paris. Purchased by the State, 1948 © 2016 ProLitteris, Zurich

Francis Picabia
Udnie (Young American Girl; Dance), 1913
Oil on canvas, 290 x 300 cm
Centre Pompidou, Musée national d‘art moderne – Centre de création industrielle, Paris. Purchased by the State, 1948
© 2016 ProLitteris, Zurich

Una mostra monografica dedicata a Francis Picabia approfondisce la produzione multiforme dell’artista francese, che all’appartenenza a vita ad un singolo movimento artistico preferì la possibilità di sperimentare in autonomia

“La nostra testa è rotonda cosicché il pensiero possa cambiare direzione”: con un aforisma di Francis Picabia (Parigi 1879-1953) che tradisce un temperamento irrequieto e mutevole, la Kunsthaus di Zurigo titola l’ampia retrospettiva che – dallo scorso 3 giugno sino al 25 settembre – celebra l’artista francese e il centenario dell’avanguardia storica a cui il suo lavoro è tradizionalmente ricondotto: il Dadaismo. Nonostante – come l’esposizione mette ben in evidenza – Picabia fu sempre restio a lasciarsi inquadrare in uno solo dei tanti movimenti e circoli artistici che frequentò durante la sua esistenza.

Pochi sanno che Picabia esordì come pittore di stile impressionista. Erano gli anni dei suoi studi all’École des Arts Décoratifs di Parigi; i suoi quadri vendevano bene, ma Picabia si stancò presto di quella pittura che, ormai svuotata della sua carica sovversiva originaria, rasentava la decorazione. Così iniziò a familiarizzare con il Cubismo e nel 1913 decise di partire per New York, dove partecipò all’Armory Show e incontrò il fotografo e gallerista Alfred Stieglitz, che nello stesso anno gli dedica una mostra personale nella sua 291 Gallery. In Europa fa ritorno dopo la fine della Grande Guerra, nel 1916. Fu allora che divenne parte del movimento dada: ma anche questa fase della sua vita non durò a lungo, perché già nel 1921 Picabia lascia il Dadaismo per divergenze con gli altri esponenti.

Francis Picabia

Francis Picabia
Effect of Sunlight on the Banks of the Loing, Moret, 1905
Oil on canvas, 73.2 x 92.4 cm
Philadelphia Museum of Art. The Gertrude Schemm Binder Collection, 1951
© 2016 ProLitteris, Zürich

 

 

Negli anni Venti, come molti suoi colleghi, tra cui Picasso, Picabia attraversa quel periodo che è generalmente indicato come “ritorno all’ordine”, che si traduce in una pittura figurativa d’impianto classicista. In questi anni lavora anche come sceneggiatore, scenografo e costumista per la produzione del balletto Relâche e per il film Entr’acte, nel quale erano coinvolti anche Man Ray e Marcel Duchamp. Dagli anni Trenta sino alla sua morte, Picabia prosegue con le sperimentazioni, reinventa instancabile il suo linguaggio figurativo, ribadendo la sua indipendenza e la prerogativa di “cambiare direzione”.

Francis Picabia Jean Börlin and Edith von Bonsdorff in «Relâche», 1925 Gelatin silver print, 17.5 x 25 cm Dansmuseet - Museum Rolf de Maré, Stockholm © 2016 ProLitteris, Zurich

Francis Picabia
Jean Börlin and Edith von Bonsdorff in «Relâche», 1925
Gelatin silver print, 17.5 x 25 cm
Dansmuseet – Museum Rolf de Maré, Stockholm
© 2016 ProLitteris, Zurich

 

Francis Picabia

Francis Picabia
Mid-lent, 1925-1926
Oil and enamel paint on canvas, 100 x 81 cm
Jeff and Mei Sze Greene Collection
© 2016 ProLitteris, Zurich

 

Francis Picabia

Francis Picabia
Idyll, 1927
Oil and enamel paint on wood in an artist’s frame, 112.5 x 82.5 x 7.5 cm
Musée de Grenoble. Gift of Mr. Jacques Doucet, 1931
© 2016 ProLitteris, Zurich

 

Con la curatela di Cathérine Hug del museo svizzero e della curatrice del MoMA di New York Anne Umland, la retrospettiva alla Kunstahaus ripercorre ogni singola fase della carriera di Picabia, presentando, secondo un ordine prevalentemente cronologico, circa 200 opere, tra dipinti – dalle tele di stile impressionista ai noti quadri meccanomorfi – riviste d’avanguardia, esempi delle sue opere cinematografiche e teatrali e altri documenti che raccontano la poliedrica produzione di una delle più significative personalità artistiche della prima metà del Novecento.

Tra le opere in esposizione, anche una serie di tele che furono presentate in mostra nella galleria Dalmau, a Barcellona nel 1922, e per il cui catalogo André Breton scrisse la prefazione. La retrospettiva alla Kunsthaus è anche un’occasione per vedere riuniti, dopo quasi 70 anni, i tre Edtaonisl (ecclésiastique) dell’Art Institute of Chicago e Udnie, della collezione del Musée national d’art moderne di Parigi, realizzati poco dopo la visita dell’artista all’Armory Show ed esposti insieme al Salon d’Automne parigino nel 1913.

Dopo Zurigo, la mostra farà tappa al MoMA di New York, dal 20 novembre 2016 al 19 marzo 2017.

(Marta Pettinau)

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Informazioni utili

Our heads are round so our thoughts can change direction.
Francis Picabia. A retrospective
3 giugno – 25 settembre 2016
Kunsthaus Zürich
Heimplatz 1, CH-8001 Zurigo
www.kunsthaus.ch

    24 Aug 2016   Artisti, Blog   Comments Off on Non solo dada. Le tante facce di Francis Picabia in mostra alla Kunsthaus di Zurigo Leggi tutto

La geografia serve a fare la guerra? Mappe e arte in mostra a Treviso

« Claudii Ptolomei Cosmographie » libri VIII

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Il 5 novembre sarà inaugurata la mostra La geografia serve a fare la guerra? alla Fondazione Benetton negli spazi Bomben di Treviso e sarà possibile visitarla fino al 19 febbraio 2017.

Mappe, atlanti e opere d’arte racconteranno, attraverso tre percorsi strettamente legati e continuamente in dialogo, la grande forza comunicativa e persuasiva delle carte geografiche. Le mappe sono un potente mezzo di comunicazione non verbale e il contesto delle celebrazioni della Grande Guerra offre un valido pretesto per indagare sulla loro capacità di influenzare l’opinione pubblica quando assecondano il punto di vista degli Stati Maggiori. Per questo il percorso espositivo si concentra sul periodo storico che va dalla fine dell’Ottocento agli inizi del Novecento, ma parte dall’antichità e arriva ai giorni nostri per raccontare anche un’altra geografia possibile, non per forza asservita alle logiche militari.

Geographische Verbreitung der Menschen-Rassen, in HEINRICH BERGHAUS, Physikalischer Atlas, Gotha: Justus Perthes, 1848

Geographische Verbreitung der Menschen-Rassen, in HEINRICH BERGHAUS, Physikalischer Atlas, Gotha: Justus Perthes, 1848

La mostra si apre con la sezione Rocce e acque, in cui si vede come con un semplice e perentorio segno – il confine naturale – le mappe indurranno monti e fiumi a diventare strumenti capaci di separare e dare forma fisica a gruppi etnici, linguistici, nazioni per trasformarli da “espressione geografica” a Stati. La seconda sezione, Segni umani, si occuperà di raccontare l’uso del sapere geografico a fini propagandistici per trasmettere con forza l’idea di nazione ancora prima della sua ufficiale proclamazione politica.
La terza parte, Carte da guerra, porrà l’accento sulla coesistenza di due approcci culturali apparentemente inconciliabili, nel contesto della Prima guerra mondiale: simboli grafici per significare la smisurata industria bellica disseminata sul fronte del Piave, insieme a segni che testimoniano la presenza di migliaia di colombi viaggiatori che volando imprendibili ad alta quota e percorrendo grandi distanze in breve tempo, informano e trasmettono ordini.

Veduta d’Italia, in La Geografia a Colpo d'occhio, tav. XVI, Lit. Corbetta, Milano 1853

Veduta d’Italia, in La Geografia a Colpo d’occhio, tav. XVI, Lit. Corbetta, Milano 1853

 

Carta del Teatro della guerra Italo-Austriaca dono del “Fanfulla” ai suoi Abbonati, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1915

Carta del Teatro della guerra Italo-Austriaca dono del “Fanfulla” ai suoi Abbonati, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1915

In tutte le epoche le mappe, prodotti sociali e umani per eccellenza, hanno raccontato i luoghi anche attraverso i toponimi esercitando su di essi un potere a volte aggressivo. Specialmente quando hanno alterato la grafia originaria di nomi secolari o addirittura quando questi ultimi sono stati sostituiti da altri di nuovo conio per farli corrispondere ai più recenti dominatori: l’olandese Niew Amsterdam diventa l’inglese New York; la tedesca Karfreit muta nell’italiana Caporetto per divenire la slovena Kobarid; l’asburgica Sterzing diventa la romanizzata Vipiteno. O ancora per rispondere a impellenti urgenze sociali e dar voce a speranze territoriali prima inespresse: “Alto Adige”, “Venezia Tridentina”, “Venezia Giulia”, o semplicemente, nel caso di un fiume, cambiandone il genere.

Planisfero con bandiere, tappeto annodato a mano, area di produzione Afghanistan

Planisfero con bandiere, tappeto annodato a mano, area di produzione Afghanistan

Ma è proprio vero che La geografia serve a fare la guerra? Certo, senza geografia le guerre non sarebbero nemmeno immaginabili, ma a fare la guerra è sempre l’uomo che per raggiungere i suoi obiettivi è disposto a utilizzare tutti i saperi disponibili come quelli della fisica, della chimica, della geometria o della matematica.

Aerostieri del Genio con palloni frenati, Archivio del Museo dell’Arma del Genio, Roma

Aerostieri del Genio con palloni frenati, Archivio del Museo dell’Arma del Genio, Roma

Questa mostra parla anche di un’altra geografia possibile, una geografia necessaria per riflettere e agire sul mondo quando proviamo a osservarlo dall’alto sfogliando le pagine dell’atlante rinascimentale di Abramo Ortelio che adotta il medesimo punto di vista di Dio, o contemplando The Blue Marble, la prima fotografia del pianeta terra vista dall’obiettivo degli astronauti dell’Apollo 17.

STATO MAGGIORE ITALIANO, UFFICIO COLOMBOFILO, Il piccione è pronto per partire, III, Archivio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma

STATO MAGGIORE ITALIANO, UFFICIO COLOMBOFILO, Il piccione è pronto per partire, III, Archivio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma

L’allestimento che Fabrica propone è un viaggio esperienziale, alla scoperta delle diverse mappe geografiche e dei luoghi che le hanno ispirate, attraverso la creazione di ambienti che coinvolgono il pubblico a percorrerli, a interagire con essi. L’intero progetto della mostra si combina con gli spazi di Palazzo Bomben, ricco di affreschi e di storia, in un dialogo di reciproca valorizzazione.

 

L’esposizione si avvale della partnership di Fabrica, che ha curato l’allestimento e il progetto grafico, e della collaborazione e del patrocinio della Regione del Veneto-Assessorato alla cultura.

La geografia serve a fare la guerra? Representation of human beings
mostra della Fondazione Benetton Studi Ricerche
da domenica 6 novembre 2016 a domenica 19 febbraio 2017
martedì-venerdì 15-20, sabato e domenica 10-20
Treviso, Fondazione Benetton Studi Ricerche,via Cornarotta 7
www.fbsr.it
ingresso intero: 6 euro, ridotto: 5 euro, ridotto scuole: 4 euro

    22 Aug 2016   Artisti, Blog   Comments Off on La geografia serve a fare la guerra? Mappe e arte in mostra a Treviso Leggi tutto

La struggente dolce nostalgia di Zoran Music

Zoran Music, Motivo dalmata, 1952, olio su tela, 38 x 61 cm Courtesy FONDAZIONE GABRIELE E ANNA BRAGLIA, Photo copyright Roberto Pellegrini

Zoran Music, Motivo dalmata, 1952, olio su tela, 38 x 61 cm
Courtesy FONDAZIONE GABRIELE E ANNA BRAGLIA, Photo copyright Roberto Pellegrini

Zoran Music. Opere dalla Collezione Braglia

 

A fine settembre 2016, negli spazi espositivi della Fondazione Gabriele e Anna Braglia a Lugano, sarà inaugurata una mostra del pittore e incisore Zoran Music.

Uno dei protagonisti del secolo scorso, Music, di origine slovena, nasce nel 1909, in una Gorizia asburgica. Si forma all’Accademia di Belle Arti di Zagabria e viaggia, prima a Vienna, dove conosce Schiele, Kokoschka, Klimt e poi in Spagna, un soggiorno che gli consentirà di entrare in contatto con la pittura di Goya, El Greco e Velàsquez. Trascorre lunghi periodi sull’isola di Curzola in Dalmazia; e a Venezia, che sarà la sua città d’adozione, vivrà per molti anni, mentre a Parigi sarà consacrato alla fama.

Dal temperamento mite e solitario, Music viene rammentato come il pittore della memoria; rileggendo la sua biografia e la sua arte, appare in modo inconfondibile che questa sua vena, fra tutte, è la più fatalmente commovente.

Solo in punta di piedi ci si può accostare a Music, solo con delicatezza si possono cogliere i tratti salienti della sua personalità e l’atmosfera nella quale sono state concepite e vivono le sue opere. Avvicinarsi e comprendere Music, significa ripercorrere quelli che sono i momenti fondamentali della sua esistenza che si riverberano inesorabilmente nell’opera. Questi momenti sono legati ai luoghi e al felice periodo dell’infanzia, come i viaggi attraverso il Carso per raggiungere Trieste e poi in mare verso Capodistria dove trascorreva l’estate, drammaticamente interrotti dalle vicende belliche che travolsero l’Europa del secolo scorso. Ai primi anni della sua esistenza, si sono succedute le esperienze dell’esilio durante la Grande Guerra e, durante la Seconda Guerra Mondiale, di prigionia nel lager di Dachau. Nato e cresciuto ai piedi delle colline del Collio goriziano, in un limes di frontiera caratterizzato da molteplici etnie e idiomi, Music vide modificarsi repentinamente l’assetto geopolitico e culturale del suo luogo di origine e la formazione di un nuovo territorio a Est, in discontinuità con la tradizione mitteleuropea. Significative alcune delle sue ultime opere intitolate Il viandante che riflettono un’identità segnata dal dolore del distacco e da un essere senza dimora.

A Venezia, Music ritornerà a dipingere i soggetti amati, il Carso e la Dalmazia e gli Acquerelli veneziani, un periodo intenso che anticipa la sua maturità artistica. Ai temi del paesaggio brullo e scabro, delle contadine con i loro grandi parasole, dei mercati, degli asinelli e dei cavallini dalmati, che dipinge a memoria, il pittore rimarrà sempre intimamente legato. Questo legame si fonda sul pensiero quasi ossessivo per la sua terra e per i luoghi del suo passato. Come per incanto la sua creatività prende avvio dall’emozione suscitata dai paesaggio così come è impresso nella sua mente e come esso affiora nella sua coscienza per poi incarnarsi nell’opera.

Paesaggio senese, 1951, olio su tela, 49,5 x 72 cm Immagine tratta dal catalogo della mostra Music: Paesaggi dal 1951 al 1979, GALLERIA D’ARTE NICCOLI, Parma, 1987

Paesaggio senese, 1951, olio su tela, 49,5 x 72 cm
Immagine tratta dal catalogo della mostra Music: Paesaggi dal 1951 al 1979, GALLERIA D’ARTE NICCOLI, Parma, 1987

Il ricordo che sollecita Music in modo pungente si stratifica nella memoria e le consonanze nell’opera mettono il luce l’effettivo ritornare della sua languida fantasia, raccontando come la sua esistenza di nomade sia, in realtà, quella di un abbarbicato carsico. Diversi lavori, come ad esempio Motivi italiani, Colline senesi o i cumuli dei moribondi di Non siamo gli ultimi o ancora, i corpi abrasi delle opere tarde dei Ritratti, evocano l’arcaico paesaggio, o meglio, come Music diceva, “non il paesaggio, ma le origini”.

Solo in esse, forse, poteva cercare e trovare un dolce rimedio ai traumi subiti. In sintonia con la dimensione suggestiva nostalgica è anche la tecnica, fatta di pochi mezzi. Il colore steso a secco è assorbito dalla tela che ha ricevuto solo una tenue imprimitura. In superficie, in uno spazio senza tempo che amplifica l’evocazione, campeggiano effigi celestiali, apparentemente, lievemente sfumate.
L’artista, scegliendo di procedere eliminando eccessi che potrebbero turbare l’armonia della composizione, si allontana dalle “tinte forti cubiste” (Pier Paolo Pasolini, La Guinea) e utilizza un colore tenue e dalle tonalità leggermente rischiarate negli ocra, nei grigi, nei malva e nei neri che penetra nello sguardo facendoci afferrare quella stessa visione struggente melanconica che ispirava il pittore nell’istante che precedeva il suo foggiarsi sulla tela.

Percepire questa particolare condizione di misterioso accordo fra lo spirito e la mano che muoveva il pennello, consente di catturare momenti della sua “strada di ieri” (Rainer Maria Rilke, Prima Elegia), avvicinandoci ancora di più all’artista, fino quasi a toccare la sua anima.

“La strada di ieri” conduce anche a un’altra importante riflessione sull’uomo e sull’artista, al suo esistenzialismo e al suo curarsi in modo particolare dell’essere e degli accadimenti intorno a lui. La serie Non siamo gli ultimi è un soggetto autobiografico che nasce venticinque anni dopo la tragica prova vissuta a Dachau, l’esperienza che segnerà la svolta decisiva nell’opera del pittore: stilisticamente la privazione di fronzoli, mentre nella sostanza la conoscenza della verità. Music, dopo molti anni, ristabilisce un contatto con i morti del lager fino a restituire alla figura una possibilità, malgrado tutto, di sopravvivere e di riconquistare la forma umana che gli aguzzini avevano cancellato.

Questo passaggio è fondamentale per l’artista; Music esprimendosi si libera da un “corpo troppo pesante” (Jean Clair, L’angelo di Dachau, in Zoran Music, catalogo della Mostra, Galeries Nationales du Grand Palais, Parigi, 1995) e dalle miserie terrene per intraprendere un cammino che lascerà una traccia, più che mai attuale, che si rivela un “barlume per gli altri” (Georges Didi-Huberman, Come le lucciole. Una politica della sopravvivenze).

Nous ne sommes pas les derniers/ Non siamo gli ultimi / No somos los últimos / We are not the least, 1973, acrilico su tela, 200 x 267 cm, MUSEO NACIONAL CENTRO DE ARTE REINA SOFÍA, Madrid, Fotografía Joaquín Cortés/Román Lores

Nous ne sommes pas les derniers/ Non siamo gli ultimi / No somos los últimos / We are not the least, 1973, acrilico su tela, 200 x 267 cm, MUSEO NACIONAL CENTRO DE ARTE REINA SOFÍA, Madrid, Fotografía Joaquín Cortés/Román Lores

La raccolta di settanta opere della Collezione Braglia che potranno essere ammirate, comprende esempi di tematiche e tecniche, come dipinti a olio e acquerelli, disegni, pastelli e opere grafiche su carta, rappresentative della produzione artistica di Music. Accanto a diversi Motivi dalmati, Cavallini, Non siamo gli ultimi, Paesaggi rocciosi, Ritratti, saranno esposti anche una ventina di Acquerelli veneziani, eseguiti tra il 1946 e il 1949. In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo in collaborazione con la casa editrice tedesca Hirmer, a cura di Ute Eggeling & Michael Beck, con testi, tra gli altri, di Jean Clair, Kosme di Barañano, Marilena Pasquali e Flaminio Gualdoni.

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Informazioni utili:
ZORAN MUSIC. LA COLLEZIONE BRAGLIA
Fondazione Gabriele e Anna Braglia
29 settembre – 10 dicembre 2016
Lugano – Svizzera
Riva Antonio Caccia 6/A
orario: giovedì, venerdì e sabato 10:00 – 13:00 e 14:30 – 18:30

 

Viviana Vergerio Guerra

    19 Aug 2016   Artisti, Blog   Comments Off on La struggente dolce nostalgia di Zoran Music Leggi tutto

«Paesaggio» di Leonardo: nel 2019 per la prima volta esposto a Vinci

La prima opera datata (5 agosto 1473) di Leonardo da Vinci, tornerà per la prima volta nella terra d’origine dell’artista dopo oltre 500 anni dalla sua realizzazione. Paesaggio sarà esposto  nell’estate 2019 – in occasione del 500° anniversario della morte del genio – per cinque settimane a Vinci, la cittadina che a Leonardo diede i natali il 15 aprile 1452.

Leonardo-da-Vinci-Paesaggio-5-agosto-1473-Firenze-Gabinetto-Disegni-e-Stampe-degli-Uffizi-

Proveniente con ogni probabilità dal più antico fondo collezionistico mediceo, il foglio, ora custodito al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi, si ricongiungerà idealmente alle terre d’origine del maestro, il Valdarno inferiore, che ne sono state la fonte d’ispirazione.

“Il famoso Paesaggio degli Uffizi – sottolinea Eike Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi –, talmente celebrato da essere comunemente ricordato con il suo numero di inventario (8P recto), può considerarsi tra i primi paesaggi autonomi nel disegno occidentale, e costituisce la più precoce testimonianza grafica dell’artista. Con la data vergata in alto a sinistra, il prezioso foglio dichiara la sua appartenenza a una nuova stagione di Leonardo, da poco iscritto alla Compagnia dei pittori di Firenze, la Compagnia di San Luca: siamo agli inizi di una maturazione professionale che avrebbe coinciso più o meno con l’avvento di una nuova Età dell’Oro per la fioritura delle arti a Firenze, preannunciata nel 1469 dalla successione di Lorenzo de’ Medici a Piero di Cosimo. Tra le ricerche sviluppate allora dall’artista si segnala il rapporto tra figure e paesaggio, cui si accompagnava un’inclinazione verso l’illustrazione di brani paesaggistici dove si declinavano conoscenze della pittura nordica. Non è un caso che nel disegno inventariato ‘8P’ si ritrovino convenzioni rappresentative fiamminghe originalmente interpretate e parallele a quelle sviluppate negli stessi anni dai Pollaiuolo”.

“Nel Paesaggio – osserva Marzia Faietti, Curatrice del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi – Leonardo adottò un tracciato assai diversificato per conseguire una trascrizione insieme naturalistica e astratta del dato di natura. Nel disegnare le forme naturali, l’artista non si lasciò infatti sedurre dalle attrattive di una diligente perizia mimetica; viceversa, abbandonandosi al ritmo fluente della penna, evocò liberamente forme vedute dal vivo, rivisitandole a distanza e a memoria. Tale processo mnemonico si accompagnava al desiderio di richiamare le sensazioni provate a contatto con il paesaggio naturale, colto nell’attimo fugace di un momento della giornata. L’inedito tracciato lineare doveva infatti costruire le immagini della natura ricercando analogie sul piano formale e suscitando particolari percezioni visive e sensoriali”.

www.polomuseale.firenze.it

    19 Aug 2016   Artisti, Blog   Comments Off on «Paesaggio» di Leonardo: nel 2019 per la prima volta esposto a Vinci Leggi tutto

Gli eventi off a Lugano e dintorni durante la fiera

Paul SignacRiflessi sull’acqua
4 Settembre 2016 – 8 Gennaio 2017
MASI LAC
La collezione. Nuove consonanze
27 Febbraio 2016 – 12 Febbraio 2017
MASI LAC Livello -2
-Antonio Calderara. Una luce senza ombre
1 Ottobre 2016 – 22 Gennaio 2017
MASI LAC

Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano – sede LAC
Piazza Bernardino Luini 6
6900 Lugano
Tel. +41 (0)58 866 42 00
info@masilugano.ch
www.masilugano.ch

 

Zoran Music. La Collezione Braglia
29 settembre – 10 dicembre 2016
Fondazione Gabriele e Anna Braglia
LUGANO
Riva Antonio Caccia 6a
6900 Lugano
Tel. +41 (0)91 980 08 88
info@fondazionebraglia.ch
www.fondazionebraglia.ch

 

Dal St. Gottardo al Lago di Lugano
dal 3 settembre – 18 dicembre 2016
Museo Sergio Maina
Via Mimosa / Via Orti 15
6987 Caslano
Tel. +41 (0)79 230 45 03
Fax +41 (0)91 605 51 66
info@maina-sergio.ch / arch.maina@bluewin.ch
www.maina-sergio.ch

 

Attraverso il Vedeggio
17 marzo 2016 – 29 ottobre 2017
Museo Plebano
Chiesa S. Provino
6982 Agno
Tel. +41(0)91 604 62 65
Tel. +41(0)91 612 23 23
info@museoplebano.ch
www.museoplebano.ch

 

Bruno Monguzzi. La mosca e la ragnatela
24 aprile 2016 – 16 ottobre 2016
Fondazione Lindenberg – Villa Pia
Via Cantonale 24
6948 Porza
Tel. +41 (0)91 940 18 64, Tiziana Lotti-Tramezzani
info@fondazionelindenberg.org
www.fondazionelindenberg.org

 

MARCO D’ANNA – OLTRE
4 settembre – 18 dicembre 2016
Buchmann Galerie
Via Gamée 6
6927 Agra
Tel. +41 (0)91 980 08 30
Fax +41 (0)91 980 08 32
buchmann.lugano@bluewin.ch
www.buchmanngalerie.com

 

VINCOLI di Shendra Stucki e
LA CASA CON L’ALBERO. di Abraham Sidney Ofei Nkansah
Lugano | 9 giugno – 3 settembre 2016
Five Gallery
4° piano
Via Canova 7
6900 Lugano
Tel. +41 (0)91 922 51 15
five@fivegallery.ch
www.fivegallery.ch

 

Alexis Rockman – Selected works
7 agosto – 10 settembre 2016
Via Serlas 35, CH-7500 St Moritz
tel +41 81 833 34 36
art@robilantvoena.com
www.robilantvoena.com

 

AGOSTINO BONALUMI – “Opere dal 1965 al 2013“
28 aprile 2016 – 15 settembre 2016
IMAGO ART GALLERY
Via Nassa 62
6900 Lugano
Tel. +41(0) 91 921 43 54
Tel. +41 (0)79 938 02 99
info@imago-artgallery.com
www.imago-artgallery.com

 

Valerio Berruti
Dal 2 al 5 settembre alla WOPART Lugano
02 agosto – 05 settembre 2016
Doppia V
Via Moncucco 3
6900 Lugano
Tel. +41 (0)91 966 08 94
info@galleriadoppiav.com
www.galleriadoppiav.com

 

Roberto Ciaccio
23 aprile – 10 ottobre 2016
Perlartecontemporanea
Via Cattori 18
6900 Lugano
info@perlartecontemporanea.com
www.perlartecontemporanea.com

  midip   05 Aug 2016   Artisti, Blog, Wopart OFF   0 Comment Leggi tutto

Li Hongbo: il lato scultoreo della carta

Li Hongbo, artista pechinese, restituisce il candore del marmo attraverso la carta. L’artista ha una formazione da scultore tradizionale che raggiunge un livello così alto nella fattura delle sue opere, da poter quasi far supporre che vi sia stato anche l’utilizzo di un artificio digitale.

Li Hongbo

Li Hongbo

L’elemento della carta non è mai stato estraneo a Li Hongbo che, prima di creare le sue sculture, per anni ha realizzato libri ispirati all’arte buddista su carta. Le sue sculture assumono un certo spessore e morbidezza grazie all’impiego di almeno 6 mila strati di carta.

La nascita dell’opera avviene mettendo insieme migliaia di fogli che sono incollati all’estremità.

Li Hongbo

Li Hongbo

Sono sculture che restituiscono un effetto di plasticità e leggerezza che va ben oltre gli esiti della statuaria tradizionale. Rifacendosi a volte a tecniche proprie della cultura cinese, come i giochi di carta e lanterne, l’artista spesso ripropone soggetti noti dell’arte internazionale come il busto del David di Michelangelo. Li Hongbo propone un’arte legata alla sua cultura ma allo stesso tempo imprevedibile: nel tempo la carta tende a deformarsi. Le sue opere fingono monumentalità e imponenza ma che in realtà sono fragili ed è il risultato di un lavoro meticoloso.

Li Hongbo , Rotation 2008

Li Hongbo , Rotation 2008

Li Hongbo

Li Hongbo

Li Hongbo

Li Hongbo

Li Hongbo

Li Hongbo

Li Hongbo, Klein Sun

Li Hongbo, Klein Sun

(Angela Maselli)

    29 Jul 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Lutz & Guggisberg @Monica De Cardenas Zuoz

Lutz e Guggisberg sbarcano nella sede di Zuoz di Monica De Cardenas per tutta l’estate.

Come scienziati ossessivi o maniaci equilibrati I due artisti svizzeri analizzano la realtà mediante oggetti, sculture, costruzioni, installazioni, dipinti e video. Portano il loro sguardo curioso ed ironico in quelle caverne colme di ricchezze che sono i musei. I modi d’esposizione diventano modelli di mondi, dentro i quali le forme conosciute si intrecciano con nuove visioni.

 Lutz & Guggisberg Elephant Load, 2016, legno cm 59 x 24 x 14

Lutz & Guggisberg Elephant Load, 2016, legno cm 59 x 24 x 14

Dicono del loro lavoro: Vogliamo sempre ricostruire il mondo che è scoppiato…Offriamo alla gente ed al mercato piccole isole di salvataggio selvagge. Dove noi ci perdiamo, dimentichiamo, sogniamo. Siamo assolutamente perduti. Ci ritroviamo. Andiamo avanti! Installiamo paesaggi, tombe, salotti. Talvolta sono invenzioni abbastanza vicine alla realtà, bisogna dirlo…

Ogni loro opera gioca con la nostra memoria visiva, suscitando ricordi che innescano flussi di associazioni; al contempo le immagini restano misteriose e l’evoluzione delle storie è imprevedibile. I riferimenti provengono da campi diversi come la storia, l’etnologia, la geologia, la fauna, la science-fiction o la letteratura. La costruzione delle opere si basa sull’immaginario, lo humour, la derisione, il delirio, mentre la loro ricerca estetica, molto libera, si avvicina al laboratorio di sperimentazione o al gabinetto di curiosità.

In questa mostra dal titolo Family of Sculptures raggruppano sculture di tipologie diverse in un unico percorso, invitandoci ad una passeggiata attraverso la loro creatività multiforme: Lickstones sono create con materiali semplici come il gesso e le lacche, che dopo una lunga lavorazione diventano figure dolcemente arrotondate che ricordano le sculture moderniste di Hans Arp ma anche, ironicamente, le superfici dei computer Apple; Pallet Birds sono uccelli fatti di pezzi di legno carbonizzato, ognuno con un suo carattere peculiare; infine vi sono le opere composte da oggetti riciclati e souvenir assemblati densamente tra loro e poi parzialmente levigati, che sembrano strati di sedimentazioni del nostro tempo, oppure conglomerati di feticci provenienti da viaggi reali o immaginari. Presenteranno inoltre un’ installazione video che ruota intorno alla scultura The Holy Wood e narra la storia di questo oggetto misterioso, del suo ritrovamento e di come esso trasforma l’ambiente e le persone che lo circondano.

Negli ultimi anni Lutz e Guggisberg hanno presentato mostre personali in svariati musei, quali il Museum im Bellpark, Kriens nel 2014, il Centre d’Art Contemporain di Rennes e il MUDAM in Lussemburgo nel 2013, il Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam nel 2010, il Centre Culturel Suisse di Parigi nel 2009, il Kunsthaus Aarau e il Museo Folkwang di Essen nel 2008. Nel 2014 hanno partecipato alle collettive Gastspiel presso il museo etnografico Rietberg Museum di Zurigo e Telling Tales, Centre PasquArt, Biel/Bienne.

monica de cardenas2

Informazioni utili

Lutz & Guggisberg
Family of Sculptures
30 luglio – 3 settembre 2016
Orario: da martedì a sabato 15-19

Galleria Monica De Cardenas
Chesa Albertini
Via Maistra 41
Zuoz/St Moritz

    27 Jul 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Lo svizzero Markus Raetz da Monica De Cardenas

Un’altra chicca dalla galleria De Cardenas a WopArt fair 2016: l’elvetico Markus Raetz.

Rate - Binocular view - MDC Gallery

Rate – Binocular view – MDC Gallery

Pittore e incisore, nato nei pressi di Berna dove iniziò la sua carriera di artista. Il suo repertorio cartaceo ammonta a circa 30.000 disegni, elaborati dall’artista negli anni ’70 e ’80. Dopo quel momento incentrò la sua carriera artistica verso la scultura. Nel 1984 esordì con l’opera intitolata Der Kopf, situata all’interno dei meravigliosi Giardini Merian di Basilea.

Raetz - Flourish - MDC Gallery

Raetz – Flourish – MDC Gallery

Oltre ai meravigliosi cartacei di Raetz che potrete trovare a WopArt Lugano vi suggeriamo di dare uno sguardo all’interno della collezione del LAC. Fra le opere donate al museo vi è una bellissima installazione dell’autore. Trattasi di due coppie di lamine di acciaio che unite su un supporto centrale ruotano su se stesse, attraverso un motore elettrico, e scorrendo vanno a formare un volto.

    26 Jul 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Le luci e i “riflessi sull’acqua” di Paul Signac accendono Lugano

Paul Signac a Lugano

P. Signac, Saint Tropez. Fontaine des Lices, 1895

Paul Signac (1863-1935) sbarca a Lugano con Riflessi sull’acqua. Dal 4 settembre all’8 gennaio 2017 al Museo d’arte della Svizzera Italiana una grande mostra dedicata al pittore francese farà luce sul percorso di uno dei più importanti artisti della metà dell’Ottocento, in linea con le finalità del MASI di Lugano: aprire una riflessione sugli sviluppi del linguaggio pittorico attraverso l’opera di artisti moderni e contemporanei.

Riflessi sull’acqua è a cura di Marina Ferretti Bocquillon, direttore scientifico del Musée des impressionnismes di Giverny e corresponsabile degli Archives Signac.

Paul Signac a Lugano

P. Signac, Saint-Briac. Les balises, 1890

L’evento riunisce oltre centoquaranta opere, fra dipinti, disegni, acquerelli e incisioni, appartenenti a un’eccezionale collezione d’arte, uno dei più importanti nuclei di opere dell’artista conservato in mani private.

La mostra offre un’esaustiva panoramica dell’evoluzione artistica del pittore ripercorrendo le fasi che hanno segnato i mutamenti della sua tecnica pittorica sin dagli esordi, in particolare dal decisivo incontro con Georges Seurat (1859-1891) grazie alle frequentazioni con alcuni esponenti del gruppo degli Impressionisti.

Signac diviene uno dei rari amici di Seurat e, insieme a Odilon Redon, i due artisti fondano la Société des artistes indépendants dando avvio l’anno seguente alla corrente del Neoimpressionismo. Sotto l’influenza di Seurat, Signac abbandona la breve e veloce pennellata impressionista per sperimentare il Pontillisme, con cui costruisce l’immagine attraverso piccoli tocchi di colore puro.

Grazie alla sua opera pittorica e ai suoi contributi teorici, Signac divenne una figura di riferimento per molti esponenti della generazione successiva di artisti attivi nell’ambito del Fauvismo o del Cubismo.

Paul Signac a Lugano

P.Signac, Saint-Cloud,1903.

Attraverso un percorso cronologico e tematico, la mostra rivela le molteplici sfaccettature di un uomo innamorato del colore. Le opere esposte documentano le diverse fasi dell’evoluzione artistica di Paul Signac: dai primi dipinti impressionisti fino agli ultimi acquerelli della serie dei Porti di Francia passando per gli anni eroici del neoimpressionismo, il fulgore di Saint-Tropez, le immagini scintillanti di Venezia, Rotterdam e Costantinopoli.

L’acquerello diventerà la tecnica prediletta da Signac, accompagnandolo nei suoi molteplici viaggi e permettendogli di lavorare all’aperto, apportando un senso di leggerezza e freschezza alle sue opere.

Informazioni utili

Paul Signac. Riflessi sull’acqua

04 settembre 2016 – 08 gennaio 2017
LAC Lugano Arte e Cultura
A cura di Marina Ferretti Bocquillon
Inaugurazione: sabato 3 settembre 2016, ore 17:00

Sedi espositive
> LAC
Piazza Luini 6, Lugano
> Palazzo Reali
Via Canova 10, Lugano

Museo d’arte della
Svizzera italiana, Lugano
+41 (0)58 866 42 30
info@masilugano.ch
www.masilugano.ch

    23 Jul 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Alex Katz a WopArt 2016. Il precursore della pop-art da Monica De Cardenas

Katz - Carmen and Yvonne - MDC Gallery

Katz – Carmen and Yvonne – MDC Gallery

Monica De Cardenas presenta il lavoro di Alex Katz a WopArt Lugano

Alex Katz è un artista figurativo americano. Nasce da una famiglia ebrea a Brooklyn, figlio di un padre emigrato che aveva perduto una fabbrica di sua proprietà in Russia durante la rivoluzione sovietica. Conseguì i suoi studi a New York presso la Cooper Union, e poi studiò presso la Scuola Skowhegan di Pittura e Scultura in Skowhegan, Maine, e raggiunti i trent’anni emerse al grande pubblico, risultando molto apprezzato.

A. Katz - Ellen - MDC Gallery

A. Katz – Ellen – MDC Gallery

Skowhegan lo espose alla pittura dal vero, che si svelò fondamentale nel suo sviluppo pittorico, restando il pilastro delle sue opere odierne. Per Katz la scoperta della pittura en plaine air è stata motivo di rinnovamento per la sua arte. L’artista ha ammesso di aver distrutto un migliaio di dipinti durante i suoi primi dieci anni di carriera da pittore, ritenendo di non aver raggiunto il suo proprio stile. Negli anni ’50 iniziò una tattica di “liberazione dell’arte”, cercando di dipingere «più veloce del suo pensiero». Katz definisce le sue opere riduttive, affermando che sia il risultato che più si addice alla sua personalità. Il suo lavoro così ricco di colore, intrappolato in queste grandi tele viene assimilato come anticipatore della pop-art. Con un’accativante e distaccata freddezza raffigura prevalentemente paesaggi, familiari, caratterizzando i suoi quadri con colori rasi e piatti, forme e linee molto modeste.

A. Katz - Jessica - MDC Gallery

A. Katz – Jessica – MDC Gallery

Per uno delle sue più grandi tele Katz dipinse sopra ad una tavola di masonite il soggetto utilizzando dell’olio, successivamente fece un piccolo bozzetto a matita o a carbone, forse con il sentore di poter apportare modifiche successive. Dopodiché fece “saltare” il disegno dentro ad un cartone animato, talvolta aiutato da una lavagna luminosa. Con la rinascimentale tecnica dello “spolvero” trasferisce così il disegno su una grande tela. A partire dalla fine del 1950, Katz sviluppò una tecnica di pittura su pannelli tagliati, prima in legno, poi in alluminio, chiamandoli “ritagli”. Queste opere occuperebbero lo spazio come fossero sculture, ma la loro fisicità è compressa in piani, come i dipinti. Nell’ottobre ’96 il Museo Colby College of Art ha aperto un’ala di 10.000 metri quadrati dedicata a Katz che dispone di più di 400 dipinti ad olio, collage, e le stampe donate dall’artista.

    23 Jul 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto
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2022 Wopart video
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