I “cut out” di Matisse – come scolpire il colore

Matisse - Thousand and one nights print - Tate Gallery London

Ritagliare direttamente nel colore mi ricorda il lavoro dello scultore nella pietra.
H. Matisse

Nel 1941 Matisse è stato diagnosticato un cancro e, dopo un intervento chirurgico, ha iniziato ad usare una sedia a rotelle. Tuttavia la straordinaria creatività di Matisse non è rimasta inibita per molto tempo. ” Une seconde vie”, una seconda vita, è stato quello che ha definito gli ultimi quattordici anni della sua vita. A seguito di una operazione ha inaspettatamente trovato delle energie rinnovate e la bella assistente di origine russa, Lydia Delectorskaya, a fargli compagnia.matisse_drawing

Vasto in scala (anche se non sempre in termini di dimensioni), lussureggiante e rigoroso a colori, i suoi ritagli sono tra le opere più ammirate e influenti di tutta la carriera di Matisse. Essi appartengono ai più grandi affermazioni del slancio vitale nell’arte occidentale.

Questa nuova prospettiva di vita, forse affrettata dalla sua allora emergente limitatezza, lo portò ad una fenomenale esplosione di espressione, il culmine di mezzo secolo di lavoro, un radicale rinnovamento che gli ha reso possibile creare quello per cui aveva sempre lottato: “Ho bisogno di tutto questo tempo per raggiungere la fase in cui posso dire quello che voglio dire.” Con l’aiuto di Lydia Delectorskaya e assistenti si accinse a creare collage di carta tagliata, spesso su scala enorme, chiamati Gouaches Découpés. Fendendo fogli di carta con delle forbici ha inaugurato una nuova fase della sua carriera.

Markova in her pure white Nightingale costume by Matisse

Markova in her pure white Nightingale costume by Matisse

Per Matisse il taglio non era certo una novità; era già insita in lui la natura di generazioni discendenti da famiglie di tessitori; ha avuto un apprezzamento naturale della consistenza e del design. Sapeva come usare perni e modelli di carta, ed era estremamente fiducioso con le forbici. Ma il ritaglio non è stata una rinuncia alla pittura o alla scultura: lo chiamò “la.” Matisse ha detto: “Solo quello che ho creato dopo la malattia costituisce il mio vero io: Libero, liberato”. Inoltre, la sperimentazione con ritagli offrì a Matisse innumerevoli opportunità di costruzione di un nuovo ambiente esteticamente gradevole:

The beasts of the sea, 1950

The beasts of the sea, 1950

“Vedi come sono costretto a rimanere spesso a letto a causa del mio stato di salute, mi sono creato un po ‘di giardino tutto intorno a dove posso camminare … Ci sono foglie, frutti, un uccello. “

Matisse generalmente ritagliava le forme a mano libera con un piccolo paio di forbici, risparmiando i pezzi di carta dell’oggetto ritagliato. Con l’aiuto di Lydia Delectorskaya avrebbe riorganizzato i ritagli colorati fino a quando non sentiva completamente soddisfatto del risultato. Ci sono voluti due anni per completare i venti collages e, dopo anni di tentativi ed errori trovarono un metodo pratico e appropriato per portare i collage alla vita come opere bidimensionali.

Matisse era chiaramente sensibile alla natura particolarmente fisica di questi lavori: mentre erano in corso li lasciava inchiodati al muro dove avrebbero leggermente tremato alla minima brezza. Questo appunto d’immagini alla parete ha iniziato il secondo dei due processi che hanno prodotto i ritagli: l’organizzazione decorativa dei segni preformati. Questo era di gran lunga un processo più lungo e deliberativo rispetto al primo; a volte è durato diversi mesi, e anche da un intero anno per le opere più grandi. Matisse avrebbe cambiato la posizione delle immagini, aggiungendone altre, a volte modificando quelle esistenti, fino a raggiungere la configurazione desiderata. Entro la fine del 1940, è stato impareggiabile l’utilizzo dei “cut-out” per vari progetti arti decorative, tra arazzi, disegni sciarpa, arazzi, tappeti, e disegni per la cappella domenicana a Vence.

 

    03 Jun 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

La costruzione dell’immaginario del giardino attraverso l’incisione

immaginare il giardino

In concomitanza con la riapertura del Museo del Paesaggio di Verbania situato nello storico Palazzo Viani Dugnani, negli spazi espositivi di Villa Giulia, affacciati sul Lago Maggiore a Pallanza, inaugura -dal 25 giugno al 2 ottobre- Immaginare il giardino.

La mostra propone una prima sezione con 140 incisioni, forma artistica utilizzata nei secoli per raffigurare e celebrare il giardino, provenienti da una straordinaria collezione privata di libri e materiali iconografici, che illustrano la costruzione dell’immaginario del giardino nei secoli tra il Seicento e l’Ottocento. La seconda sezione della mostra presenta invece la proiezione di filmati sperimentali del Novecento, dove molti artisti e video maker hanno scelto proprio il giardino come specchio delle loro fantasie e proiezioni mentali.

immaginare il giardino

Sfilano parchi come quello illustrato nella raccolta Hofstede van Clingendaal (Amsterdam, 1690 ca.), sulla tenuta di Clingendael con l’imponente frontespizio di Laurens Scherm, composta da 32 stampe delineate da Daniel Stoopendaal e incise da Leon Schenk. Philips Doublet (1633-1707), proprietario della tenuta nei pressi de L’Aia, era un gentiluomo amante di architettura, giardino e botanica. Tra il 1670 e il 1680 diede al proprio giardino una forte impronta di stile francese. Clingendael divenne in seguito un modello di riferimento per la diffusione della moda geometrica in tutto il paese.

Si prosegue con il palazzo e il giardino di Heemstede costruiti nel 1645 e acquistati nel 1680 da Diderick van Velthuysen (1651-1716). I parterres de broderie, le statue, le fontane e un arco trionfale che conduceva all’orangerie, all’orto e a un grotto sopravvivono ormai soltanto nelle graziose tavole di Isaac de Moucheron. La raccolta di incisioni del 1690 ca. contiene 26 tavole incise, compreso il frontespizio.

immaginare il giardino

Passiamo poi in Italia con le straordinarie e rarissime incisioni Otto vedute di giardini di Roma, di cui sette portano la firma di Giuseppe Vasi (1710-1782). La serie non trova riscontri nei repertori bibliografici. Vista la qualità artistica delle tavole, dalle figurine dei personaggi alle ombreggiature, dalla delineazione degli alberi ai tratti delle nuvole, è probabile che l’autore reale sia stato il giovane Piranesi che, tra il 1741 e il 1744, svolgeva il suo apprendistato presso il Vasi.

Proseguiamo il percorso in Austria con il giardiniere-paesaggista tedesco Rudolph Siebeck (1812-1878) famoso per essere l’autore, nel 1862, del Parco della città di Vienna, chiamato anche, per l’appunto, Siebeckpark. In mostra, dalla rarissima prima edizione de L’arte dei giardini nelle sue forme moderne, la raccolta di venti litografie colorate a mano che riunisce alcuni dei più interessanti progetti di Siebeck per vari parchi e giardini.

immaginare il giardino

E infine si può ammirare la raccolta Elenco dei nuovi giardini alla moda di Georges-Louis Le Rouge (1712-1790), cartografo, architetto e stampatore francese e autore di una grandiosa impresa editoriale. L’opera venne pubblicata a fogli e fascicoli separati nell’arco di tredici anni, a partire dal 1776 fino al 1789. Alla fine i quaderni saranno 21 e le tavole 496. Le Rouge è un divulgatore eclettico: non esita, oltre a presentare gli esempi classici, a intervenire a difesa della rivoluzione culturale del giardino, che da formale va sempre più affermandosi come pittoresco, o anglo-cinese, termine che l’autore prende in prestito a Horace Walpole. La rivoluzione francese, snodo importante nella storia dei giardini, metterà fine al suo progetto.

immaginare il giardino

Informazioni utili

IMMAGINARE IL GIARDINO

a Villa Giulia, Pallanza Verbania

dal 25 giugno al 2 ottobre 2016

    02 Jun 2016   Blog   0 Comment Leggi tutto

Val di Blenio (TI). Da Fabbrica del Cioccolato a Fabbrica dell’Arte

fabbrica di cioccolato

Canton Ticino. Dove un tempo si produceva cioccolato si allestiranno mostre, performance, installazioni, spettacoli di teatro e di danza. In mezzo alle montagne della Val di Blenio La Fabbrica del Cioccolato, nuova Fondazione aperta a tutte le espressioni culturali ed artistiche, dà il via a Foreignness [Estericità]. La fondazione, con un programma biennale di attività artistiche, non si presenta come un museo ma come un laboratorio di sperimentazione e condivisione.

Daniel González Paper Building, 2016, work in progress courtesy dell’artista

Daniel González Paper Building, 2016, work in progress courtesy dell’artista

I primi protagonisti dell’opening sono Daniel González (1963) e Anna Galtarossa (1975), a cui è stato chiesto di dialogare con l’ambiente circostante e di confrontarsi con l’identità del luogo. Entrambi gli artisti hanno quindi puntato ad interventi site specific.

fabbrica di cioccolato

Il primo, artista argentino, ha progettato un’architettura che riveste completamente la facciata dello stabilimento intitolata Paper Building. L’opera è stata realizzata con 890 metri quadrati di carta bianca che il pubblico, il giorno dell’inaugurazione, ha letteralmente strappato dalle porte e finestre dell’edificio.

Salendo al secondo piano si viene catapultati all’interno del mondo onirico di Anna Galtarossa, ispirato ad uno viaggio che lei stessa ha intrapreso in Kamchatka. Il titolo dell’installazione è Kamchatka ’16 – un viaggio tra visioni di vulcani, colate di lava, laghi e creature immaginarie.

Anna Galtarossa, Kamchatka’16, materiali vari su pelliccia, courtesy dell’artista

Anna Galtarossa, Kamchatka’16, materiali vari su pelliccia, courtesy dell’artista

Informazioni utili

LA FABBRICA DEL CIOCCOLATO, Valle di Blenio (TI)

Foreignness [Estericità]

Anna Galtarossa, Kamchatka ’16,  fino al 1 agosto

Daniel González, Paper Building, fino al 30 settembre.

Ingresso Gratuito

Strada Vecchia 100

+41 (0)91 9722714

info@lafabbricadelcioccolato.ch

www.lafabbricadelcioccolato.ch

    02 Jun 2016   Blog   0 Comment Leggi tutto

Note di jazz e pareti di carte nella Venezia di Emilio Vedova

Emilio Vedova Immagine del tempo (Sbarramento), 1951 Collezione Peggy Guggenheim, Venezia © Fondazione Emilio e Annabianca Vedova

Emilio Vedova Immagine del tempo (Sbarramento), 1951 Collezione Peggy Guggenheim, Venezia

Al Magazzino delle Sale di Venezia è stata inaugurata una mostra che esporrà oltre 200 disegni su carta inediti di Emilio Vedova, in occasione del decennale della sua scomparsa.
La mostra è curata da Germano Celant e Fabrizio Gazzarri, ed è interamente dedicata alle opere su carta che Vedova ha elaborato nel corso delle sue preparazioni su tela, grazie alla rassegna presentata dalla Fondazione Emilio e Annabianca Vedova. L’esposizione è stata modulata secondo i principi conservatori dell’artista, che volevano ricordare l’incidenza dei disegni sul suo operato artistico, nonché la derivazione scientifica data dai suoi studi.

Vedova Emilio dal ciclo lavagne, Salzburg

Vedova Emilio dal ciclo lavagne, Salzburg

Vedova parlava del disegno come di una tappa preparatoria ed anticipatrice dei dipinti, frapponendo il suo lavoro di “minuta” in termini contraddistinti, come il tempo e lo spazio, o la libertà e il dettame, facenti parte del suo pensiero futurista e della sua azione antinovecentesca.

La mostra metterà in sena più di 200 opere su carta derivanti dall’archivio della Fondazione, elicitante una quasi totalmente inedita parte d’esse; l’esposizione in atto comprenderà tutta la sezione cartacea del suo trascorso pittorico è stata suddivisa in due sezioni temporali: una prima parte che rivelerà i primi studi e le primissime creazioni autodidattiche nel suo periodo di “Corrente di vita giovanile” tra il 1935 e il 1940, elaborando la sua concezione e definizione del mondo.

Emilio Vedova - Venezia 2003

Emilio Vedova – Venezia 2003

 

Una seconda parte invece andrà a rappresentare le opere neo-futuriste della fine degli anni ’40, volutamente suggestive da un punto di vista politico, più sollecito al disagio sociale del dopoguerra, per arrivare alla presentazione degli ultimi lavori risalenti al 2005. La raccolta spazia fra le molte tecniche usate da Emilio Vedova nella costruzione del suo rendimento cartaceo, dagli inchiostri usati alla grafite, ai carboncini ed alla matita sanguigna. Il tutto contornato dalla maestosa città natale dell’artista.

Vedova Emilio - De America (1971) - Acquaforte su carta Goya : Brugherio - Asta Grafica ed Edizioni - III - Galleria Pananti - Casa d'Aste

Vedova Emilio – De America (1971) – Acquaforte su carta Goya: Brugherio – Asta Grafica ed Edizioni – III – Galleria Pananti

 

 Altro spazio espositivo della Fondazione è l’ex Studio Vedova, sui bordi delle sue amate Zattere alla Salute, dove ha lavorato dalla prima metà degli anni ’70 fino alla morte. Si tratta di ambienti dotati delle più moderne tecnologie per la conservazione e la fruibilità delle opere d’arte, caratteristiche oggi indispensabili in particolare per l’allestimento di materiali tanto delicati come i disegni, che nel suo caso testimoniano in modo esemplare il percorso creativo della sua produzione.

L’altro importante evento pensato dalla Fondazione Emilio Vedova è il ciclo di concerti «Euroamerica», a cura di Mario Messinis, al via il 15 luglio con il grande jazzista statunitense Chick Corea.Si parte dalla serie di dipinti degli anni ’70 «De America», esposta integralmente nel 2013 alla Galleria dello Scudo di Verona di Massimo Di Carlo, della quale la Fondazione Vedova ha ora realizzato un ampio volume (Skira) a cura di Germano Celant in collaborazione con Laura Lorenzoni: «la rassegna – spiega Messinis – proporrà momenti musicali del ‘900 dei due continenti ».

FONDAZIONE EMILIO E ANNABIANCA VEDOVA | PRESENTATO IL PROGRAMMA DI ATTIVITA' PER IL 2016 - Chick Corea IN CONERTO DAL 15 LUGLIO

FONDAZIONE EMILIO E ANNABIANCA VEDOVA | PRESENTATO IL PROGRAMMA DI ATTIVITA’ PER IL 2016 – Chick Corea IN CONERTO DAL 15 LUGLIO

Gli altri sei concerti dal 28 ottobre al 6 novembre, tra le note di grandi musicisti quali Debussy, Stockhausen e Boulez (per le modalità di accesso ai concerti, info a giugno su http://www.fondazionevedova.org/programma).

 

 

Le carte di Emilio Vedova in mostra al Magazzino delle Sale e presso la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova dal 29 maggio al 1 novembre 2016, per info e biglietti visitare il sito della fondazione http://www.fondazionevedova.org/informazioni/biglietti-e-prenotazioni.

    01 Jun 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Condanna per la falsa attribuzione di carte di Caravaggio

Young Caravaggio - One hundred rediscovered works - Volume II Adriana Conconi Fedrigolli e Maurizio Bernardelli Curuz

Young Caravaggio – One hundred rediscovered works – Volume II Adriana Conconi Fedrigolli e Maurizio Bernardelli Curuz

L’improvvisa attribuzione di ben 96 fogli a Caravaggio, senza per altro avere mai avuto dal Comune di Milano l’accesso agli originali, è stato un gesto a dir poco azzardato, seguito dall’indicizzazione da parte dei mass media e dei social, surclassando ogni prova effettiva di autentico ritrovamento.

Il caso era stato innescato dal declamatorio annuncio, diffuso nel luglio 2012 a seguito della tesi, pubblicata in un ebook di 600 pagine, corredata con immagini dei disegni in questione, senza avere mai ricevuto alcuna autorizzazione alla pubblicazione delle stesse da parte del Comune. Ebook che sosteneva l’esistenza di cento fogli originali del Merisi tra i 1.378 catalogati al Castello Sforzesco, nel civico Gabinetto dei disegni. Gli autori della scoperta: Maurizio Bernardelli Curuz, all’epoca direttore della fondazione Brescia Musei, e Adriana Conconi Fedrigolli, nella fierezza di chi crede di aver ritrovato quasi cento disegni di mano di Caravaggio nel cosiddetto «Fondo Peterzano» (Simone Peterzano fu il maestro del giovane Caravaggio nei suoi anni lombardi), conservato nel Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco di Milano. Acquisito dalle Civiche Raccolte milanesi nel 1924 con migliaia di altre carte provenienti dalla chiesa milanese di Santa Maria presso San Celso, il rinomato «Fondo Peterzano» era stato più volte considerato da studiosi di rango, che mai vi avevano individuato la mano del giovane Merisi.

Con la sentenza del 9 maggio scorso, resa pubblica il 23 maggio, il Tribunale di Milano ha posto fine alla vicenda giudiziaria che vedeva opposti Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli, storici dell’arte della provincia di Brescia, contro Comune di Milano, dando piena vittoria a quest’ultimo.

 Un profilo maschile, con la barba, vergato negli anni della formazione e poi ‘riproposto’ in due opere della maturità: è l’interpretazione che Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli hanno annunciato pubblicamente su Ebook

Un profilo maschile, con la barba, vergato negli anni della formazione e poi ‘riproposto’ in due opere della maturità: è l’interpretazione che Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli hanno annunciato pubblicamente su Ebook

È stato infatti accertato il contenuto «gravemente diffamatorio e lesivo nei confronti del Comune di Milano delle dichiarazioni rilasciate da Maurizio Bernardelli Curuz alla stampa nel luglio 2012, relativamente alla vicenda dell’attribuzione, da parte dello stesso Bernardelli Curuz e di altri convenuti, di alcuni disegni del Fondo Peterzano a Caravaggio. Pertanto, il Tribunale ha condannato i convenuti al risarcimento di 50mila euro per i gravi danni derivanti dalla lesione della reputazione e dell’immagine del Comune di Milano e della professionalità dei suoi dipendenti».
La sentenza ha anche accertato «la illegittima acquisizione e utilizzazione da parte di tutti i convenuti delle immagini dei disegni della raccolta del Fondo Peterzano per finalità diverse da quelle dichiarate». Graziati anche da ogni tipo di risarcimento, in questo caso, poichè gli autori avevano pagato i diritti di riproduzione dell’e-book. In sintesi il parere di Enrico Barbagiovanni, avvocato del Comune di Milano: «Nonostante la pretesa risarcitoria sia stata limitata dal giudice (palazzo Marino aveva chiesto 100 mila euro, ndr), la decisione del giudice di avanzare un’accusa di diffamazione rappresenta un buon risultato».

Per autentici lavori su carta, venite a trovarci al Centro Esposizioni Lugano

Original Work On Paper fair a Lugano – 2/5 settembre 2016

    31 May 2016   Blog   0 Comment Leggi tutto

“Nobel” per la carta stampata

Le Corbusier - Je rêvais, 1963 collage, carta da giornale, gouache su cartone 92,5 x 147,5 cm Collezione Annette e Peter Nobel

Le Corbusier – Je rêvais, 1963  collage, carta da giornale, gouache su cartone 92,5 x 147,5 cm – Annette e Peter Nobel

300 immagini di vita reale per trasformare un articolo in arte. And Now the Good News. Opere dalla collezione Annette e Peter Nobel è il titolo della mostra inaugurata pochi giorni orsono al Lac di Lugano (Lugano Arte e Cultura, una delle due sedi del Masi, il Museo d’arte della Svizzera italiana della città) che fino al 15 agosto proporrà trecento pezzi dei quasi 1.500 della Collezione di Annette e Peter Nobel.

L’esposizione sarà disposta sui due piani del Lac, complessiva di installazioni, fotografie, dipinti, disegni, collage e «che – come spiega il curatore Elios Schenini a STEFANO BUCCI che lo ha intervistato per «la Lettura» – vogliono

Fischer - Yummy horses' eye 2013

Urs Fischer – Yummy horses’ eye 2013 – Annette e Peter Nobel Collection

testimoniare la fertilità dell’incontro tra testo e immagine, tra arte e carta stampata» e determinare l’uso che gli autori dell’ultimo secolo, fra i vari movimenti artistici susseguiti, hanno fatto degli stampati.

Aperta fino al 15 agosto 2016, l’esposizione permetterà di vedere una collezione privata inedita, ossia quella dei coniugi Nobel che raccolsero opere di Georges Braque, Joseph Beuys, Sigmar Polke, Andy Warhol, degli svizzeri Thomas Hirschhorn, Urs Fischer e Daniele Buetti. La mostra sarà suddivisa in dieci sezioni, le quali seguiranno un ordine cronologico che darà la perfetta impressione dello scandire del tempo e dello scorrere delle vicende del mondo.

Axenoff - Princess Diana, 2011

Axenoff – Princess Diana, 2011 – Annette e Peter Nobel Collection

Viene proposto quindi un percorso attraverso l’arte del nostro tempo, che testimonia l’attrattiva con la quale molti artisti, a partire dalla fine dell’800, hanno guardato al giornale quale fonte d’ispirazione per le loro opere.

E alla suddetta mostra si collega un intrigante appuntamento anche per «la Lettura» che nel numero in uscita il 5 giugno conterrà un vero e proprio giornale d’artista realizzato appositamente da Thomas Hirschhorn, il grande artista svizzero autore di varie rielaborazioni del lato più ispirato e creativo del giornale.

And Now the Good News. Collezione di Annette e Peter Nobel in esposizione dal 28 Maggio 2016 al 15 Agosto 2016 presso il LAC di Lugano, per info e contatti visitare la pagina web: http://www.masilugano.ch/it/507/and-now-the-good-news 

Solo Works On Paper – WOPArt fair Lugano 2016

    30 May 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Studio del movimento secondo Giacomo Balla

G.Balla - Linee andamentali + successioni dinamiche. Volo di rondini, 1913. New York, MOMA

G.Balla – Linee andamentali + successioni dinamiche. Volo di rondini, 1913. New York, MOMA

La simultaneità e il dinamismo dei corpi erano per Giacomo Balla una fonte d’ispirazione e costante esercizio.
In particolar modo durante la sua adesione al futurismo si ritrovò a riflettere sul tema del movimento.

Giacomo Balla, STUDIO DI BALLERINI PER IL BAL TIC TAC, 1921

Giacomo Balla, STUDIO DI BALLERINI PER IL BAL TIC TAC, 1921

Ad egli importa il moto lineare dei corpi; il suo nuovo stile futurista e le creazioni che ne derivarono furono conseguenti a profondi studi analitici dello spazio cinetico, molti dei quali di stampo leonardesco e relativi alle sue teorie dinamiche culminanti nella raccolta della “Linea Andamentale”.

Giacomo Balla - Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912

Giacomo Balla – Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912

Come verità lampante basti prendere in esame “Volo di Rondini”, nel quale Balla circoscrive attorno a un unico punto di vista la velocità e la derivata variazione dell’andamento del corpo, che va in contrapposizione alla staticità dell’osservatore, del quale si muove soltanto la fantasia dietro il dilagante pennello.

Un’importante considerazione da farsi è che Balla dà così vita al movimento realizzando una sequenza a ripetizione dell’immagine, lavoro molto simile all’opera di A. G. Bragaglia (1890 – 1960) nel campo della fotodinamica rispetto all’ambito futurista nel quale si era addentrato.

Perciò l’interesse per la fotografia lo porterà a sviluppare dei tagli prospettici in scorcio.
Seguendo l’esame della Solomon R. Guggenheim Foundation riguardo all’opera di Balla “Mercurio transita davanti al Sole”, la quale affema che : “Il dipinto è la versione definitiva di numerosi studi fatti da Balla in seguito all’osservazione del transito di Mercurio davanti al sole del 7 Novembre 1914. L’evento è rappresentato nella parte centrale e superiore del dipinto, dove un piccolo punto, Mercurio, si trova vicino alla circonferenza di un grande cerchio, il Sole.

Balla, Mercurio passa davanti al sole visto da un cannocchiale, 1914

Balla, Mercurio passa davanti al sole visto da un cannocchiale, 1914

Il bagliore dei triangoli bianchi circostanti è dovuto all’abbaglio dell’occhio dell’artista nel momento in cui allontana lo sguardo dalle lenti. Il cono verde, che termina su Mercurio, potrebbe rappresentare il telescopio, mentre gli archi e i triangoli più scuri le lenti a fumè. Il movimento futurista può essere manipolato solo a seguito di una trasformazione cromatica.

Giacomo Balla - Vortice, Linea di velocità, matita su carta

Giacomo Balla – Vortice, Linea di velocità,
matita su carta

Nel Manifesto della pittura futurista dell’aprile del 1910 egli dichiara: << …le cose in movimentosi moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono”. Rendiamo omaggio al grande maestro del dinamismo, il cui lavoro sarà apprezzabile questo settembre in fiera a Lugano, con le sue elaborate opere su carta.

Balla – WorksOnPaperArt Lugano Fair 2016

    30 May 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

L’antica reggia Sforza è il nuovo Museo di Villa Ciani

Sul terreno lungolago che oggi chiamiamo Villa Ciani sorgeva un castello posseduto da una casata ducale milanese, fatto costruire nel 1498 da Ludovico Sforza, che in seguito venne distrutto dagli Svizzeri nel 1517.
A partire dal 1622, nello stesso appezzamento vi fu invece il Palazzo Beroldingen, casato del Canton Uri i cui discendenti detengono fino al 1798 la carica di Cancelliere della Comunità di Lugano.
Museo delle culture di Villa Ciani

Museo delle culture di Villa Ciani

Nel 1751 entrano in possesso del palazzo i Farina, famiglia patrizia di Lugano, che dal 1827 al 1833 lo affittano al Governo cantonale, e successivamente all’editore Giuseppe Ruggia che decise di installare al livello terreno dell’edificio la sua stamperia, subaffittando i piani superiori ai Fratelli Ciani.
Nel 1839 il Palazzo Farina venne ceduto da Ruggia al medico Bernardo Vanoni di Suvigliana (1789-1872) che però, in seguito alla rivoluzione radicale, nel 1840 dovette rinunciare alla proprietà vendendola ai fratelli Filippo e Giacomo Ciani.
L’edificio viene trasformato negli anni 1840-1843 dall’architetto milanese Luigi Clerichetti (1798-1876), che restaurò quasi completamente la struttura, al posto della quale sorge ora un edificio cubico di sobrie forme neoclassiche con belvedere ottagonale e torretta sul colmo del tetto.
Il parco Ciani

Il parco Ciani

Nel 1868, un anno dopo la morte di Filippo, morì anche Giacomo e la villa dei Ciani andò in eredità al medico milanese Antonio Gabrini (1814-1908), che era stato allevato dai due fratelli. Morto Gabrini nel 1908, la villa entrò in possesso della famiglia Dell’Acqua di Milano. La proprietà, di circa 63’000 mq, nel 1912 venne infine acquistata con procedura di esproprio dal Comune di Lugano per la somma di circa 1,8 milioni di franchi e il parco fu destinato al pubblico passeggio.
Dal 1915 al 1967 la villa venne adibita a Museo storico e dal 1932 a Museo civico di belle arti e vi fu trasferita la collezione delle opere della Fondazione Antonio Caccia. Da quell’anno le mostre ospitate, promosse e organizzate dal Dicastero Attività culturali (Museo d’Arte, Archivio storico, Museo delle Culture), daranno alla luce un nuovo luogo proponente esposizioni temporanee a carattere artistico, antropologico e storico.
    27 May 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Klee e l’indagine della realtà

Paul Klee, La macchina cinguettante, 1922 olio e acquerello su carta con acquerello e inchiostro su cartoncino.

Paul Klee, La macchina cinguettante, 1922
olio e acquerello su carta con acquerello e inchiostro su cartoncino.

Nel saggio La confessione creatrice del 1920, Paul Klee scrisse: “Una volta si rappresentavano cose che si potevano osservare sulla terra, che si vedevano volentieri. Ora si manifesta la realtà delle cose visibili e con questo si esprime il fatto che ciò che è visibile, in rapporto all’universo, è solo un esempio isolato e che altre verità sono solo latenti e innumerevoli.

Le cose appaiono in senso lato e molteplice e spesso si contraddicono le esperienze razionali del passato. Si tende ad una decomposizione di ciò che è casuale.” Nelle sue opere Klee vuole rappresentare la realtà con una concezione astratta, come se le sue forme andassero a scomporsi per poi ritrovarsi attraverso il colore.Agli inizi del 1900 Peter, conobbe, durante un viaggio a Parigi, Robert Delaunay, pittore simultaneo-cubista, e alla scoperta delle sue ricerche sul colore e la luce ne fu estasiato e molto influenzato.

Paul Klee - Porta nel giardino (Gate in the Garden), 1926. Olio su cartone

Paul Klee – Porta nel giardino (Gate in the Garden), 1926.
Olio su cartone

 

 

Ancor più decisivo fu il suo soggiorno a Tunisi, a seguito del quale lo stesso Klee affermò di essersi pienamente impadronito del colore e iniziò a prediligere nelle proprie opere le tonalità calde, tipiche di questa area geografica. Nello stesso anno scrisse: “Questo è il momento più felice della mia vita….il colore e io siamo una cosa sola: sono pittore”.
Non a caso i suoi studi sul colore attingono alle teorie di Delacroix, Goethe, Kandinsky e Delaunay, dalle quali Klee prende le mosse per concentrarsi sul movimento in accordo con i colori. È chiara l’idea che il disegno costituisca il nucleo dell’espressione concettuale e che il colore ne sia l’anima irrazionale. Si arriva così alla definizione di “ ritmo circolare del colore”, o al concetto di “disco cromatico”, dove la circonferenza è divisa in sei segmenti che segnano le principali relazioni cromatiche.
Nei suoi Diari ci dice: “superfici formate da linee che entrano in rapporto vicendevole”, ed è proprio attraverso il colore che queste distanti linee si incontrano. A proposito della produzione grafica di Klee e della sua inesausta ricerca,  quale si manifesta anche attraverso la scelta dei supporti, che vanno dalla tradizionale tela alla carta di giornale, alla juta, a cartoncini di ogni qualità e spessore, occorre tener presente anche  la maggior parte dei suoi disegni che sono prodotti su tradizionali carte adattate al formato A4, mentre nelle opere tardive utilizzava prevalentemente una carta da lettere “telata” oltre a fogli di minuta e carte giapponesi che fin dai primi disegni ha utilizzato.

Paul Klee - Kindheit, 1938 Kleisterfarbe su carta su cartone, Berna - Zenztrum

Paul Klee – Kindheit, 1938
Kleisterfarbe su carta su cartone, Berna – Zenztrum

Per i suoi disegni Klee adoperò matite, penne ed inchiostri e dei Kleisferfarbe, lunghi pennelli intinti con colore nero, ma fra tutti gli strumenti a sua disposizione egli amava disegnare con le “Zulu”, delle particolari matite a carbone che come le “Pitt” lasciavano apparire un tratto più marcato. I disegni dell’ultimo Klee si contrappongono per autonomia ai suoi quadri, e lui stesso nota quanto si caratterizzino rispetto all’impronta cromatica vivente dei suoi dipinti, soprattutto per il largo uso del carboncino. Le linee non sono sottilmente snodate sul foglio, ma ne prendono decisamente il pieno possesso.

 

É arduo parlare di realtà nel caso di Klee: la sua pittura scaturisce dalla sua immaginazione come analisi del reale, dei sentimenti, delle sensazioni che gli presentano il grande quesito della sua presenza al mondo, immagini che prendono forma generando la pace della risolta confutazione interiore.

    26 May 2016   Artisti, Blog   Comments Off on Klee e l’indagine della realtà Leggi tutto

L’arte poetica di Fausto Melotti

Euridice, 1955 inchiostro blu steso a pennello, penna a sfera e matita 389 x 299mm Milano, Archivio Fausto Melotti

“Mi veniva da scrivere città sottili come le sue sculture!” Scriveva l’appassionato Italo Calvino riferendosi a quelle linee che separano il proprio essere da ciò che è tangibile a ciò che è spirituale, tra l’insieme del tutto ed il niente.

Le sculture di Fausto Melotti appaiono leggere e precarie, sottilmente flebili al tatto, ricolme di tanta modesta perfezione da lasciare la scena al vuoto che le circonda.

Il suo operato volge l’attenzione del suo pubblico ad una ricerca verso la spiritualità, che per Melotti fu il punto di sutura fra l’arte, la musica la letteratura e la vita stessa.

Durante il discorso per l’assegnazione del premio Rembrandt del 1973, Melotti disse: “la musica mi ha richiamato, disciplinando con le sue leggi, distrazioni e divagazioni in un discorso equilibrato”, creando così una specie di astratta coincidenza fra l’arte ed il suono.

 

Acquaforte - lastra175 x 86 mm -dieci lastre su un unico foglio 491 x 696 mm -carta Magnani di Pescia - stampa R. Romano prova d’artista Firenze - Gabinetto Disegni e Stampe

Acquaforte – lastra 175 x 86 mm – dieci lastre su un unico foglio 491 x 696 mm – carta Magnani di Pescia – stampa R. Romano, prova d’artista Firenze – Gabinetto Disegni e StampeLe sue stesse

Le sue stesse opere ci rimandano ad una melodia, alle corde di un pianoforte che dissonicamente creano un’angelica armonia. Non si può parlare di trascendenza davanti al lavoro di Fausto Melotti.

Egli cerca di superare la concezione prettamente estetica, di andare oltre, di creare una sensorialità materiale levigando il ferro e rendendolo aria, regalando una sorta d’immortalità alle mutevoli effimere cose terrene.

Giovanni Marzari scrisse che attraverso queste opere è possibile scorgere l’operazione che Melotti sta sperimentando: il trasferimento dei valori musicali alla scultura.

 

Fausto Melotti, 1974 Repetto Gallery

‘Untitled’ Fausto Melotti, 1974
Repetto Gallery

La musica diviene presupposto fondamentale, autentica disciplina della ricerca artistica, nuova metafora che apre a inedite esperienze. É la musica a guidare la scultura nel processo di defisicizzazione della materia, è lo studio della musica a presupporre l’idea di contrappunto nella scultura: Melotti giunge a una sorta di “astrazione musicale” nel campo delle arti figurative: …un’arte [che] è stato d’animo angelico, geometrico.

Proprio a cagion di questo le sue opere su carta sono un elemento fondamentale del suon creato. Egli studia con minuzia le sue elaborazioni, tesse le tele delle sue storie platoniche ed è tracciando le sue linee a carboncino, attraverso i disegni a grafite, a tempera o con tecniche miste che riesce a definire i punti dentro quello spazio vuoto che per primo è il foglio.

    26 May 2016   Artisti, Blog   Comments Off on L’arte poetica di Fausto Melotti Leggi tutto
Previous Next
Close
Test Caption
Test Description goes like this
x
2022 Wopart video
x
2022 Wopart video